I libri


Testo

Darete Frigio

LE ILIADI
LIBRO IV.

Ecuba afflitta, che per man d’Achille
Due de’ più forti suoi cari figliuoli,
Troilo ed Ettorre, avea di già perduto,
Per vendicarsi d’un dolor sì acerbo,
Prende stolto consiglio, e d’una donna
Sol degno; a se chiama Alessandro, e dice,
Che a lui si aspetta vendicar la morte
De’ suoi fratelli, e che a disporre insidie
Contro Achille ne vada, e d’improviso
L’assalga disarmato, e glie l’uccida:
Perciocché avendo Achille addimandata
Per moglie Polissena, ella farebbe
Ad Achille saper, che condisceso
S’era Priamo a concederla col patto
Di far seco la pace; e che conchiuso
Tutto il trattato si saria nel tempio
D’Apolline Timbreo, ch’era dinnanzi
Alla porta di Troja; e che venendo
Achille, ivi disporre egli potrebbe
Delle insidie gli agguati, e così morto
Quegli, morrebbe infine ella contenta.
Alessandro il promise, e in quella notte
Dell’esercito scelti i più gagliardi,
Li nascose nel tempio, e loro il segno
Diè dell’assalto, Ecuba un messo invia,
Come promesso aveva al duce Achille,
E l’invita a venir dentro del tempio,
Per ivi stabilir di quel trattato
I sacri patti. Ei funne lieto amando
Estremamente Polissena, e al messo
Rispose, che verria nel dì seguente:
E alla promessa sua fatto fedele,
Mell’indicato luogo ei venne insieme
Con Antiloco a Nestore figliuolo,
E non pose nel tempio appena il piede,
Che D’ogni banda gli venieno i dardi:
Achille allora, e Antiloco, accorciate
Le vesti al braccio manco, e sguainate
Le spade, a molti dan ferite, e morte;
Ma d’Alessandro al fin le frecce diero
Ad Antiloco morte, e più ferite
Ad Achille, ch’alfin anch’ei soggiacque;
E mentre che Alessandro il corpo suo
Commise, che alle fiere, ed agli uccelli
Fosse esposto, e gittato; Eleno invece
Il pregò, che piuttosto egli alli Greci
Reso lo avesse, e lo compiacque in questo,
I cadaveri avuti, i Greci tosto
Li recaro ai steccati, e seppelliti
Furo per Agamennone con tutta
La maggior pompa, e non veduta innanzi:
E perchè eretto al morto Achille fosse
Un superbo sepolcro, ed al suo merto
Corrispondente, a Priamo richiese
Agamennon la tregua; ed ottenuta,
In onor suo fe’ celebrare ancora
I giuochi funerali. Indi a consiglio
Chiamati i duci, fu proposto darsi
Quanto si aveva Achille al suo parente
Ajace; e Ajace allor disse, che Achille
Aveva il figlio Neottolemo, a cui
L’eredità paterna era dovuta;
E quindi convenia, che si mandasse
A chiamare. all’esercito, e si desse
Quanto il padre morendo avea lasciato.
Piacque a tutti il consiglio e fu commesso
A Menelao di navigare a Sciro,
Per ottener dell’avo Licomede
Il nipote, e condurlo insiem con lui
All’esercito greco. Acerbo affanno
Portò tal nuova al vecchio re di Sciro,
E più acerbo fu il duol di spedir Pirro
A raccoglier del padre i tristi avanzi;
Ma lo spedì di Menelao ai preghi,
Che all’avo s’obbligò tenergli cura
Qual figlio, e al greco campo indi il condusse.
Passò intanto la tregua, e le sue squadre
Agamennon dispose, e confortolle
A combatter da forti, e con coraggio:
Gli usciro incontro li Trojani, e pronti
Attacano il conflitto. Eravi Ajace
Nudo alla testa della prima squadra,
Che appen levato un alto grido, a terra
Cadon molti dall’una, e l’altra parte:
Ed Alessandro colle sue saette
Mentre che molti n’uccideva, Ajace
Ferì nel nudo fianco, e sciolse il corso
Dianzi a lui, che ferito il preme e incalza,
E tanti nel fuggir colpi gli tira,
Finchè a terra lo fa cadere estinto.
La ferita al fuggir esacerbata,
E grondante di sangue a lui le forze
Molto scemò; cosicchè ne’ steccati
Non andò, fu portato; ed ivi giunto,
Nel tirargli dal fianco il ferro avverso,
Ajace ne morì. Fu d’Alessandro
II cadavere ancor tolto in cittade,
E Diomede incalzando acerbamente,
Disperde li nimici, e gl’inseguisce
Fin dentro le lor porte: Agamennone
Coll’esercito suo d’intorno cinge
La città tutta, e per l’intera notte
Là si stette, cangiando a tempi fissi
Le guardie. Il dì vegnente ad Alessandro
Fur magnifiche pompe funerali
fatte in Troja, che rese assai più illustri
Elena col suo pianto; ed a ragione,
Chè Alessandro l’avea sempre onorata,
E per ciò Priamo, ed Ecuba sua moglie
La stimavan qual figlia, e di lei cura
Tal n’ebbero, perché sempre i Trojan
Aveva favorito, e mai bramato
Di tornare alli Greci. All’altro giorno
Agamennone innanzi alle lor porte
Fe’ disporre le schiere, e provocare
Alla pugna i Trojan; ed all’incontro
Priamo ordinò, che fossero le mura
fortificate, e custodite insino
Che gli eserciti suoi Pantasilea
Regina delle Ammazzoni recava,
Nella città sen stasse ognun tranquillo.
Né passò molto, ed arrivata a Troja
Pantasilea, guidò costei le sue
Schiere contro li Greci, e per più giorni
Si combattè con un furor novello,
Senzachè la vittoria il gran litigio
Decidesse giammai; ma la fortuna
Favorendo il suo sesso, entro i steccati
Alfin respinse i Greci, e appen Diomede
A sostener bastò delli nemici
Tutto l’Impeto, e ‘l foco allontanare
Dai greci legni pel favor notturno.
Dopo di questo attacco Agamennone
Rinserrato si stiè ne’ suoi steccati,
Benchè Pantasilea in ogni giorno
Noja gli dasse, in provocarlo a uscire.
Agamennon, giusta il parer de’ duci
Fortificò i suoi steccati insino
Che Menelao tornasse: e appen da Sciro
Giunse, che l’armi dell’estinto Achille
Al suo figliuol Neottolemo ei diede.
Il primo ufficio del dolente figlio
Fu visitar del padre suo la tomba,
E bagnarla del suo tenero pianto.
Giusta il costume suo Pantasilea,
Ordinate le schiere, i chiusi Greci
Venia fin ne’ steccati ad insultare;
Neottolemo allor, preso il comando
De’ paterni Mirmidoni, all’incontro
Va di Pantasilea, e dietro a lui
Agamennone guida’ancora i suoi,
E s’attacca il conflitto. A morte un grande
Numero dà Neottolemo, e meno
Quello non è, che da Pantasilea;
E vigorosamente ambe le partì
Assalgono, e sostengono l’assalto,
Fan strage eguale, e va la morte intorno
Ugualmente dall’un’ all’altra schiera;
Così più giorni si combatte, e incerta
Pende sempre vittoria in su lor arme;
Infin Pantasilea s’incontra, e batte
Col figliuolo d’Achille , e dopo vari
Sforzi alla donna di ferir riesce
Neottolemo, il qual più di vergogna
Che del ferro sentendo al cor la punta,
La donna incalza inferocito, e tante
Le da ferite, che la piega a terra;
Per locchè de’ Trojani il volgo tutto
Sciolse l’ale al fuggir, e circondate
Fur le mura cosi, che alli Trojani
La libertà d’uscir venne interdetta.
Ciò vedendo i Trojani, a Priamo vanno
Polidamante, Antenore, ed Enea,
E ricercan da lui cosa restasse
Ora a fare coi Greci. Allora aduna
Priamo il Consiglio, e loro impon di fare
Quella stessa dimanda ai vecchi padri.
Antenore così diede principio,
Dicendo, che di Troja i difensori,
I primi duci forestieri, e i figli
Di Priamo dai Greci erano stati
Uccisi tutti, e che molti, e valenti
Duci ai Greci restavano, e gagliardi,
Menelao, Neottolemo, Agamennone
Non men del padre suo valente, e forte,
Diomede, Ajace il Locro, ed altri molti,
Nestore, Ulisse per prudenza illustri ;
E i Trojani rinchiusi, e senza duci,
Abbattuti, disfatti, ed annullati;
Onde sembrava a lui rendere ai Greci
Elena, e quanto area seco recato,
Ed ottener la necessaria pace.
E dopo ch’ebbe Antenore parlato
Sì per la pace, Amfimaco figliuolo
forte di braccio, e di viril coraggio
Guardando bieco Antenore, e coloro
Che dal volto vedea, che nel parere
D’Antenore piegavano, rispose:
Che la viltà, la codardia soltanto
Tali sensi dettava, e non l’onore,
Non il viril coraggio, e che piuttosto
Consigliar si dovea d’uscir le porte,
O combattendo urtar forte il nimico
Fin nei steccati suoi, vincere affatto,
E morir per la patria: e qui si tacque.
Enea levossi poi, e con parole
Moderate, e piacevoli si oppose
Al parere d’Anfimaco, e sostenne
Con tutte del suo dir le forze attive,
Che pace convenia chiedere ai Greci.
Terminato il Consiglio, in pie levossi
Priamo sdegnato, e biasimò d’Enea
E ‘1 parere d’Antenore, li quali
Li primi furo a consigliar la guerra,
Ed ora i primi a meditar la pace:
Ch’essi avevano un dì dato il consiglio
Di spedir nella Grecia ambasciadori,
A dimandar Esiona, e che tornato
Antenore di là, le avute ingiurie
Egli narrò, e a dimandar fu il primo
Guerra alli Greci: e ch’indi Enea medesmo
Con Alessandro aveva Elena ai Greci,
E i tesori rapito; e i primi autori
Della guerra or parlavano di pace.
E dette queste cose, ordine diede
Di starsi pronti, acciò, dato il segnale,
Dalle porte si uscisse; e che sua mente
Era vincere alfine, o pur morire,
E ciò detto partì, seco menando
Amfimaco suo figlio; ed a costui
Disse, che di color egli temeva,
Che persuadean la pace, alla Cittade
Potendo insidiar, per darla ai Greci,
Avendo nella plebe e l’uno, e l’altro
Molti fautori atti al disegno iniquo;
Che per ciò necessario egli credeva
Dare ad entrambi una segreta morte;
Locchè se fosse fatto, egli la patria
Difenderebbe, e vinceria li Greci,
Indi lo prega ad essergli fedele,
E ad ubbidirlo in tutto, e che sull’armi
Si stia, perchè senza sospetto alcuno
Possa ammazzarli: e acciò meglio riesca,
Che s’invitino a cena, ov’ei facendo
I sacrificj, più commodamente
Uccider li potesse, e si promise,
E partissi dal Re. Quel giorno istesso
Si raccolsero insiem Polidamante,
Ucalegone, Anfimado, Dolone,
E saprattutti Antenore dicendo,
Che fea stupor la pertinacia somma
Del Re, che della patria, e i cittadini
Volea piuttosto la total rovina,
Che la pace conchiudere coi Greci.
Antenore mostrò loro una via
Utile a tutti, allorchè tutti insieme
Gli serbassero fede; e promettendo
Tutti serbarla, Antenore sapere
Fece loro, e ad Enea, che bisognava
Tradir la patria, e provvedere ai suoi,
Ed a se stessi; e che per ciò mandare
Segreto amico si dovea bentosto
Al duce Agamennon il qual la cosa
Senza sospetto disponesse in breve;
Dappoichè Priamo a lui sembrava irato
Per la pace proposta, e dal Consiglio
S’era brusco levato, onde temeva
Di qualche reo consiglio. A tutti piacque
D’Antenore il parere, e fu spedito
Polidamante, su di cui cadeva
Minor sospetto al duce Agamennone,
Cui dei compagni suoi fatto palese
Il segreto disegno, occultamente
La notte il duce radunò il Consiglio;
Ed esposta la cosa in quell’aspetto,
Che narrata gli avea Polidamante,
Chiese, che ognun il suo parer dicesse.
Fu risoluto, che la fè serbata
Fosse alli traditori; il solo Ulisse,
E Nestore con lui dubbio vi aveva
D’un qualche inganno, e di contrario avviso
Eran per ciò; Neottolemo, ed altri
A dileguare i dubbj, ed i timori
Conchiusero, che dar dovrebbe un segno
Polidamante comechè spedito
Fosse dalli suoi amici a questo effetto,
Onde ad Enea, Antenore, ed Anchise
Mandarono Sinone, al quale il segno
Diede Polidamante, ed arrivato
Alla porta, poichè non ancor date
Amfimaco le chiavi alli custodi
Avea, Sinon il segno diede, e tosto
Vi corrispose Antenore, ed Enea;
E datagli lor fè, tornò ben tosto
Al duce Agamennon, cui l’accaduto
Esattamente espose, e della fede
Da quei giurata assicurollo ancora:
Allora sì, che di comun consenso
Si conchiuse il trattato, e con solenne
Giuramento ciascun il patto chiude
Nel seguente tenor: Che i congiurati
Nella seguente notte ai Greci Troja
Dovevan consegnare; e ciò eseguito,
Ad Antenore, Enea, e Ucalegone,
Non che a Dolone, ed a Polidamante,
Lor parenti, ed amici, e mogli, e figli
Fosse fede serbata, e rilasciati
Tutti i lor beni, lor ricchezze, e case.
Con giuramento confirmato il patto,
Polidamante gli assicura quindi,
Che vengan coll’esercito la notte
Dianzi la porta, e dove era scolpito
Il teschio d’un cavallo, ivi restati
Si fossero di fuori, in attendendo,
Ch’Antenore ed Anchise allor la porta
Ne vengano ad aprir, mostrando loro
Un lume, che il segnal quello saria
Del tradimento, per entrare in Troja;
E ch’ivi gli farian trovare alcuni,
Per guidarli dal Re. Conchiuso il tutto
Ritorna alla città Polidamante.
Quel che conchiuso avea, narrando a tutti
I complici, perchè co’ loro amici
Ciascun venga la notte a quella porta,
Che si diceva Scèa, e quella aperta
Fosse per essi, e fuor mostrando un lume,
All’esercito greco allora ingresso
Fosse in Troja accordato. Esattamente
Antenore, ed Enea tutto eseguiro
L’ordito tradimento, e spalancata
La porta Scèa, e appalesato il lume,
Tolto fu dentro Neottolemo il primo
Co’ Minnidoni suoi, a cui fu chiesta
Dai complici una guardia, acciò lor case
Venissero difese, e lor persone;
Gliela concesse Neottolemo, e allora,
Antenore il guidò dritto alla Reggia,
Dentro di cui sen stavano i soldati
Delli Trojani, e de’ compagni uniti.
S’infrangono le porte, e gran macello
Fassi di quei, ed inseguendo Priamo
Neottolemo l’uccide all’ara innanti
Di Giove Etreo. Ecuba, e Polissena
S’incontran con Enea nel lor fuggire,
E tolta Polissena, Enea la guida
Presso Anchise suo padre. Indi Cassandra
S’asconde con Andromaca nel tempio
Di Minerva. Li Greci intenti sono
La notte a saccheggiare, ed a rapire.
Il dì venuto, Agamennone appella
Nella rocca li duci, e grazie rende
Ai Dei d’avere alfin nelle lor mani
Messa Troja. All’ esercito comanda
Porre in mezzo la preda, indi dispose,
Che all’esercito fosse in giusta lance
Quella divisa, e fu così eseguito.
All’esercito poi Agamennone
Dimandò, se ad Antenore ed Enea,
Che la lor patria avevano tradita,
Serbar volean la pattuita fede;
Tutti a una voce, e d’animo concorde
Gridarono, che sia la fè serbata;
E fattili venir co’ loro amici
All’esercito innanzi, ogni lor cosa
Gli vien restituita. Una preghiera,
Porge Antenore al duce, ed è il permesso
D’ udirlo in ciò, che convenia sapere.
Gli fu accordato, e Antenore comincia
Dal render grazie ai Greci, indi il ricorda
Com’Eleno, e Cassandra avevan sempre
Persuasa la pace, e come Achille
A preghiere sol d’Eleno fu dato
Ad esser dalli Greci seppellito;
Agamennone allor per comun voto
Ad Eleno concesse, ed a Cassandra
La libertà. Venuto Eleno allora
Per Ecuba, ed Andromaca i suoi prieghi
Porge al duce, perchè 1’aveano amato;
E a consiglio comune a queste ancora
Fu data libertà. Dopo che dunque
Ebbe ai soldati suoi tutta la preda
Divisa, indi si affretta ai sommi Dei
Render le grazie, e loro i sagrificj
Prepara, che partir tosto desia
Al quinto giorno, poiché presa è Troja.
Eran pronte le vele, allorchè il mare
In tempesta levossi, e per più giorni
Fu costretto a restar. Calcante allora
Rispose, che non s’erano placati
Di sotterra li Dei : Neottolemo
Si ricorda del padre, e che trovata
Non s’era nella reggia Polissena,
Per cui cadde suo padre a tradimento;
Fa sue doglianze al duce, e gli dimanda
Di Polissena, e se ne affligge, e incolpa
L’esercito; alla fin le diligenze
Ad Antenore affida, e che trovata,
Gli sia condotta: Antenore ben tosto
Venne ad Enea, gli espon quant’abbia il duce
Di Polissena impegno, e l’infelice
È tolta, e ad Agamennone recata,
Dassi a Neottolemo, il qual la mena
Sul paterno sepolcro, e ve la scanna.
Contro d’Enea irato Agamennone,
Che Polissena avea dentro sua casa
Nascosta, gli ordinò, che della patria
Egli co’ suoi ne andasse, ed il paese
Ad Antenore sol tutto fa dato.
Agamennon così ebbe di Troja
La vittoria, e partì. Elena poi
Dopo d’alquanti dì, il cor ripieno
Di tetra afflizion, col suo marito
In Grecia ritornò. Al Chersoneso
Elena con Cassandra, Ecuba, e seco
Andromaca n’andaro ad abitare.
Della guerra, trojana un dì famosa
Questo fu scritto da Darete Frigio,
Ch’ivi insiem con Antenore rimase.
Durò dieci anni, dieci mesi, e giorni
Dodici questa guerra, e vi moriro
Di Greci intorno alle trojane mura
Secondo il testimonio di Darete
Ottocento, ed ottanta sei migliaja,
E de’ Trojan finchè fu presa Troja
Mila sei cento, e più settanta sei.
Costretto abbandonar la patria Enea,
Se ne partì con quelle ventidue
Navi, che aveva in Grecia un dì recato
Alessandro, e su quelle i suoi tesori
Menò via, e tre mila, e quattrocento
Trojani d’ogni età gli fur seguaci:
Antenore seguirono di poi
Due mila, e cinque cento altre persone:
Mille, e dugento sol furo seguaci
Ad Eleno, che ando nel Chersoneso,
E qui la storia sua compie Darete.
Questi son poi li capitani greci
Dai Trojani ammazzati. Ettorre uccise
Protesilao, Patroclo, e Merione,
Protenore, Archiloco, Boete,
Elpenore, Dorìo, e Polisseno,
Fidippo, Leonteo, e Politete,
Xantippo, Carpedonte, e Lepodomo,
Schedio quindi, ed Epistrofo, e Palemone,
Luforo e Maimete. Uccise Enea
Amfimaco, e Nireo: ed Alessandro
Diè morte a Palamede, e al bravo Ajace,
Ad Antiloco ancor: ma l’altro Ajace
Figlio di Telamon si uccise insieme
Con Alessandro in un conflitto istesso.
Or diciamo quai duci alli Trojani
Furo dai Greci estinti. Achille uccise
Prima Eufemio, ed Ippoto, indi Plebèo,
Ed Asterio, Liconio, Euforbio, Ettorre,
E in ultimo Mennon. Neottolemo
Pantasilea uccise, e ‘l vecchio Priamo,
E sul sepolcro del suo padre Achille
Vittima offerse Pelissena. Uccise
Il trojano Xantippo, e Menestèo,
Epistrofo, e Orcomenide Diomede.
Fine Della Rovina Di Troja Di Darete Frigio.